Le organizzazioni sono caratteristiche pervasive e durevoli della nostra società, un ambiente quasi ?naturale? in cui ci muoviamo e che sembra delimitare il raggio della nostra personale responsabilità. Quanto e in che senso i soggetti in questi ambienti organizzativi sono idonei ad essere ritenuti responsabili? L?ambiente organizzativo è diventato un condizionamento e non più una condizione della libertà? Contribuisce a configurare concretamente la nostra responsabilità o la riduce ai minimi termini? Le persone si sentono tagliate fuori dalle strutture decisionali, che toccano le loro vite, e sono colte da sentimenti di impotenza. Si riducono le possibilità di individuare la responsabilità personale. La questione riguarda il modello appropriato di responsabilità individuale nei diversi livelli dell?azione del soggetto (individuale, organizzativo, sistemico). Il grado della propria responsabilità è in funzione dello spazio della propria decisione e azione, che si concretizzano nelle interazioni con numerosi fattori. Una fenomenologia non naturalistica mostra che la questione della responsabilità individuale non è riducibile all?interrogativo circa la misura materiale dei doveri verso l?organizzazione, verso l?ambiente sociale e naturale. Riguarda invece anche e soprattutto il senso di quei doveri e regole procedurali, i modi cioè con cui la coscienza può e deve assumere una necessità obiettiva, materiale e spogliate d?ogni senso religioso. L? adozione della prospettiva del soggetto consente una visione non riduttiva della responsabilità individuale e delle strutture organizzative. Queste si rivelano reti di rapporti umani, dove è possibile il riconoscimento dell?altro come prossimo: è la base comune che permette di affermare insieme la responsabilità verso le organizzazioni e la libertà di spirito nei loro confronti.